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Strindberg, Johan August.

Narratore, drammaturgo e poeta svedese. Nato dall'unione di un piccolo commerciante con una domestica, rimase orfano di madre in giovane età e maturò precocemente un sentimento d'inferiorità per la sua condizione, descritta poi nell'opera autobiografica Il figlio della serva (1886). Nel 1867 intraprese gli studi di Medicina presso l'università di Uppsala, ma li abbandonò per dedicarsi a varie occupazioni: lavorò per il Royal Dramatic Theatre, per il "Giornale svedese delle assicurazioni" e alla biblioteca reale di Stoccolma (dal 1872). Nel frattempo aveva già esordito nell'attività letteraria con alcuni tentativi eclettici, ispirati alla moda del tempo e influenzati dalle idee di S. Kierkegaard e di H. Ibsen (I liberi pensatori, 1869). Tuttavia, il primo lavoro nel quale raggiunse una piena autonomia artistica è ritenuto il cupo dramma Maestro Olof (1872), riscritto in versi nel 1875-76 e pubblicato nel 1881; ambientata in Svezia nell'età della Riforma luterana, l'opera risulta contrassegnata da misoginia e pessimismo, istanze che caratterizzarono tutta la sua produzione successiva e che lo condussero a privilegiare la descrizione veristica, se non addirittura espressionistica, degli istinti più bassi e brutali della natura umana. Infatti, per la sua indole inquieta, per la sua instabilità psicologica e ideologica, nonché per la sua tendenza all'innovazione si cimentò con molteplici forme letterarie: fu autore di drammi, novelle, romanzi, poesie, scritti critici e pamphlet, il cui tratto unificante fu la tendenza all'autobiografismo e il cui motivo più appariscente può essere individuato nell'odio verso le donne. Nel 1879 diede alle stampe La stanza rossa, che suscitò un vero scandalo, in quanto raffigurava con toni aspramente satirici la società intellettuale di Stoccolma; l'opera lo rese celebre. Intanto, già dal 1877 S. aveva sposato l'aristocratica Siri von Essen: la loro unione, che durò fino al 1891, fu particolarmente burrascosa, come appare dall'opera a carattere autobiografico Apologia di un pazzo, scritta in francese e pubblicata nel 1888. Fra il 1880 e il 1883 l'attività letteraria di S. si fece intensa: pubblicò opere poetiche (Poesie, 1882) e teatrali, ispirate a leggende e tradizioni svedesi, quali Il segreto di Gilda (1880), I viaggi di Pietro il fortunato (1882) e La moglie di Hen Bengst (1882); il libello polemico Nuovo regno (1882), in cui propugnava la necessità di un nuovo ordine politico e sociale; infine, scrisse le pregevoli novelle di ispirazione storica Destini e avventure svedesi (1882-83), che ritraggono figure di popolani e nobili, delineate con tratto rapido e incisivo. Spirito irrequieto, sempre insoddisfatto di sé e del proprio rapporto con gli altri, S. intraprese in quegli anni numerosi viaggi in Germania, in Svizzera, in Italia e in Francia, dove si stabilì nel 1883 e dove rimase fino al 1889. A questo periodo risalgono la corrispondenza intrattenuta con F. Nietzsche e il suo interesse per la figura e l'opera di E.A. Poe. L'atteggiamento misogino divenne la nota predominante (non priva di una componente ossessiva) dei due volumi di novelle dedicate al matrimonio (Sposarsi), nei quali descrisse in toni crudi e aspramente satirici i costumi delle donne di Stoccolma: il primo, pubblicato nel 1884, per il suo carattere offensivo diede addirittura luogo a un processo. Ciò non gli impedì di impiegare una violenza ancora maggiore nel secondo volume di queste novelle, edito nel 1885: la donna è raffigurata come una belva assetata del sangue dell'uomo, la distruzione del quale costituisce l'unico fine delle sue azioni. Nel frattempo, iniziarono a manifestarsi in lui i sintomi di una profonda crisi, che diede inizialmente luogo a ossessioni di carattere persecutorio, per difendersi dalle quali lo scrittore si rifugiò nell'alcool. A tale periodo risalgono il romanzo Gli abitanti di Hemsö (1887) e i racconti Gente dell'arcipelago (1888), contrassegnati da un'intensa nostalgia per i paesaggi della sua patria e per la vita semplice, in armonia con la natura, dei popoli nordici. Dal 1886 S. mise mano a una serie di scritti di carattere diaristico e autobiografico, la cui stesura si protrasse fino al 1908, che consentono di seguire l'evolversi e i continui mutamenti d'indirizzo e di propositi della sua personalità tormentata: a questi anni appartengono i già menzionati Il figlio della serva e L'apologia di un pazzo, nonché il volume Fermenti (1886), rievocazione della sua adolescenza. D'altra parte, dalla permanenza in Francia e dalla consuetudine con gli scrittori e con la letteratura francese S. trasse incentivo per dare alla sua prosa, già improntata a un vigoroso naturalismo, un maggiore affinamento stilistico e tecnico, ravvisabile soprattutto nella sua produzione drammatica dell'epoca, influenzata dagli esiti delle sperimentazioni teatrali contemporanee: di fatto, un maggiore approfondimento dell'indagine psicologica caratterizza I camerati (1886-88) e, soprattutto, i drammi Padre (1887), sull'ineluttabilità della sconfitta dell'uomo di fronte alla donna, e La signorina Giulia (1888), nel quale al consueto tema del contrasto fra i sessi si aggiunse quello della lotta di classe. Al 1889, anno in cui S. tornò in Svezia, risalgono la novella Taschandala e il dramma Samun, entrambi ispirati, come pure il romanzo In mare aperto (1890), alle teorie del "superuomo" elaborate da Nietzsche e da S. entusiasticamente accolte. Nel 1891, dopo aver divorziato dalla moglie, lo scrittore si trasferì a Berlino, dove conobbe la giornalista austriaca Frida Uhl, che sposò nel 1893; tuttavia, anche questa esperienza matrimoniale si rivelò fallimentare (S. ne diede un'amara descrizione nel volume autobiografico Il chiostro, 1898-1902). Alla disperata ricerca di una fede redentrice, lo scrittore si convinse che Dio lo torturasse per i suoi peccati: i volumi autobiografici Inferno (1897) e Leggende (1898) documentano tale crisi, rivelando la componente di superstizione che gli turbò per anni l'esistenza. Né maggior serenità si avverte nelle opere redatte a partire dal 1898, anno in cui tornò a Stoccolma; fra queste sono da annoverare Avvento (1898), Delitto e delitto (1899) e Verso Damasco (1898), primo dramma della cosiddetta trilogia di Damasco (comprendente anche Pasqua, 1901 e Il sogno, 1901-02), che segnò, con la sua struttura a "stazioni", una vera e propria innovazione in ambito teatrale. Ricchissima fu nel medesimo periodo la sua produzione, sia di tragedie di ambientazione storica, quali La saga dei Folkungar (1899), Gustavo Vasa (1899), Erik XIV (1899), Gustavo Adolfo (1899), Carlo XII (1901), Cristina (1901) e Gustavo III (1903), sia di potenti drammi, come La danza macabra (1901), in cui è ripreso il consueto tema dell'antagonismo fra i sessi, sia di più lievi rappresentazioni ispirate alle leggende medioevali popolari, come La sposa incoronata (1902) e Bianca come cigno (1902). Intanto, già dal 1901 lo scrittore aveva contratto un terzo matrimonio, con l'attrice Harriet Bosse, che si rivelò anch'esso destinato al fallimento; tale esperienza fu rievocata da S. nel volume autobiografico Solo (1903) e nel Diario occulto (postumo, 1963). Il prevalente interesse di S. per l'espressione teatrale si concretizzò nel 1907 con l'apertura, da parte sua, dell'Intima Teatern a Stoccolma, che costituì una pietra miliare della storia del teatro moderno e che fu attivo fino al 1910; qui rappresentò, nello stesso 1907, gli innovativi drammi (designati come "teatro da camera") Tempesta, La casa bruciata, La sonata degli spettri e Il pellicano, ai quali si aggiunse nel 1909 Il guanto nero. In tutti questi lavori l'atmosfera è identica: condannati senza speranza di redenzione, i personaggi si muovono in un mondo spettrale, da cui non si liberano neppure dopo la morte terrena. Per contro, il suo interesse per i problemi sociali e la sua volontà di criticare, di distruggere spietatamente tutti i miti del mondo borghese appaiono il motivo centrale dei due romanzi Camere gotiche (1904) e Bandiere nere (1904-07); nel 1910 il suo atteggiamento duramente antiborghese sfociò in una faida (la cosiddetta faida di S.), che raggiunse momenti di tensione tale da indurre lo scrittore ad abbandonare temporaneamente la Svezia. Il suo spaventoso tormento interiore emerge ancor più chiaramente nella serie autobiografica Un libro blu (1907-12). Nel 1909 S. raggiunse con La grande via maestra una delle vette più alte della sua arte: si tratta del suo testamento spirituale, di un addio a quel mondo per lui così avaro di soddisfazioni. Autore disuguale, ma di indubbia originalità artistica, S. esercitò una notevole influenza sui letterati e in particolare sui drammaturghi della generazione successiva (Stoccolma 1849-1912).